Treviso/Del Monaco – Il Turco in Italia (1 Febbraio 2015)

Non c’è niente di meglio che iniziare un mese andando a vedere un’opera lirica. Se poi sei in compagnia di amici, meglio ancora (grazie a Dieguito, Don Giovanni tenorile; a Seager, con la G dura sennò si arrabbia; a Maggie, povera testimone delle nostre menate). Se vai in un teatro in cui non sei mai stato, molto meglio ancora. Se l’opera è di Rossini, è UNA MANNA DAL CIELO. Treviso è una gemma poco conosciuta del Veneto, e non ho timore di affermarlo pur avendone visitato due e o tre vie e basta. Dentro questa gemma, un altro tesoro: il Teatro Comunale, intitolato da qualche anno nientepopodimeno che a MARIO DEL MONACO. Ingenuamente pensai che il celebre tenore fosse proprio trevigiano, E INVECE NO! L’intitolazione a Del Monaco è semplicemente un segno d’affetto della città nel quale il tenore si è esibito numerose volte, assieme a tanti artisti di grande fama (pure Toscanini: ma perché non intitolarlo anche a Toscanini? Così, per par condicio…).

"La sposa fedel d'Otello" "Giura! Giura e ti danna!" (gentile concessione di Diego)
“La sposa fedel d’Otello”
“Giura! Giura e ti danna!”
(gentile concessione di Diego)

Fa davvero piacere vedere un teatro d’opera pieno, specie in questi momenti di grave crisi delle Fondazioni (Verona docet, ahimè). Se poi questo pubblico è richiamato da un titolo poco conosciuto come Il Turco in Italia di Rossini è doppiamente un piacere. Autore della messa in scena è Federico Bertolani, di cui ho già assistito alla sua Maria Stuarda l’anno scorso al Filarmonico (protagoniste la Devia e la Ganassi, BRIVIDI!). La regia di Federico mostra come si possa creare uno spettacolo efficace e coerente senza ricorrere a una scenografia imponente (alla facciaccia tua, Zeffirelli!). La scena fissa (curata dalla Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Venezia) è semplice, asciutta, attraversata di tanto in tanto da pareti che raffigurano la mappa delle vie di Napoli (esattamente come il piano di calpestio). I pochi elementi scenici sono funzionali: casse di legno su cui si muovono gli zingari, stendini colmi di lenzuoli tra i quali Geronio e Fiorilla litigano, ed enormi valigioni. Cromaticamente domina il verde, colore dell’invidia e della gelosia, nei costumi (a cura di Giulia Zucchetta) di Geronio, Fiorilla e Narciso.

La vicenda viene spostata ai giorni nostri: Fiorilla e Geronio sono una coppia che cerca di esorcizzare la loro crisi tra shopping, indovine e piccoli tradimenti coniugali; Narciso è un bellimbusto vanesio, Selim un novello Kabir Bedi, e Zaida fa l’occhiolino alla zingara Cloris. La recitazione è precisa, curata nel dettaglio: i cantanti rendono validamente il piano vocale e quello attoriale. Bene amalgamato il cast, che schiera non solo dei solidi professionisti, ma anche giovani e validi debuttanti.

Padrona di casa è la Fiorilla di Cinzia Forte, un po’ Sophia Loren, un po’ pin-up di grande fascino. Dopo un inizio un po’ in sordina (non riesce benissimo l’iniziale Non si dà follia maggiore) si riscatta nei grandi pezzi d’insieme che la vedono indiscussa protagonista (il Duetto Serva…Servo… con Selim, passando per il Quartetto, il Finale Primo, e il languidissimo Se il zefiro si posa). Di grande efficacia la Gran Scena Squallida veste e bruna, cometa seria capitata nel finale di un’opera buffa.

Fiorilla/Cinzia Forte. Voglio il suo vestito, ORA!
Fiorilla/Cinzia Forte. Voglio il suo vestito, ORA!

Attorno a cotanta malafemmena, gravitano il solido e tenebroso Selim di Marko Mimica (spigliato basso croato, che senza tanti complimenti si lascia ammirare a petto nudo del Duetto Credete alle femmine), il fatuo Narciso di David Alegret (un po’ impacciato scenicamente e spesso sommerso dalle sonorità dell’orchestra) e il tenerissimo Geronio di Giulio Mastrototaro, degno successore di tutta una generazione di bassi-baritono buffi che hanno reso celebri questi ruoli rossiniani (Enzo Dara in primis)

Altro mattadore della serata il veterano Lorenzo Regazzo nei panni del poeta Prosdocimo, spettatore e regista della vicenda che va scrivendo. Divertenti le gag che vedono il basso inseguire la sua ribelle macchina da scrivere, che passeggia e scappa dal suo padrone pasticcione.

Applauditissimi i resanti membri del cast, i giovanissimi Pietro Adaini (classe 1992, per la miseria!)/Albazar e Cecilia Molinari (classe 1990, ri-per la miseria!)/Zaida. Il primo manda letteralmente in visibilio in pubblico con l’Aria “da sorbetto” Ah! sarebbe troppo dolce, spesso tagliata nelle esecuzioni odierne; la seconda si distingue per la sensualissima voce, degna rivale di cotanta Fiorilla.

Alla guida dell’Orchestra Città di Ferrara, Francesco Ommassini opta per una lettura pressoché filologica della partitura (re-inserisce l’arietta del secondo tenore già citata, nonché l’Aria di Narciso Un vago sembiante, aggiunta posteriore alla prima del 1814). La direzione di Francesco è brillante, degna del Rossini comico più brioso e sfrenato. Preciso il Coro Lirico Amadeus, preparato dal Maestro Giuliano Fracasso. Valido l’apporto di Gianni Cappelletto al fortepiano.

Gli artisti e il faretto, indiscusso protagonista della serata.
Gli artisti e il faretto, indiscusso protagonista della serata.

Un caldo successo di pubblico ha salutato questa bella serata, con particolari ovazioni nei confronti dei due giovani cantanti e del direttore.

Grazie a Diego, Alessandro e Maggie per la piacevole compagnia. Grazie a Rossini, che mi ha fatto dimenticare di avere il mal di testa!

Un pensiero su “Treviso/Del Monaco – Il Turco in Italia (1 Febbraio 2015)

  1. Grazie a te Martino per le tue innumerevoli doti, per la tua splendida critica ed esposizione, sei ancora un fanciullo ma emani con tanta semplicità e senza voler metterla in mostra la tua grande cultura…!! alla prossima..!! Sarà un piacere seguire il tuo Blog.!

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